Informativa uso dei Cookie - Il sito utilizza cookie tecnici e di terze parti, per il corretto funzionamento delle pagine web e dei servizi on-line offerti.
Per saperne di più o negare il consenso clicca su "Approfondisci". Proseguendo la navigazione del sito o cliccando su 'Accetta' acconsenti all'uso dei cookie.

Renzo Rossellini

 renzo rossellini  TRATTO DAL libro autobiografico di Renzo Rossellini

   Addio del Passato, Rizzoli 1968

 

“Risalendo la spiaggia da casa nostra, oltre il fosso, in direzione di Civitavecchia, al termine di un promontorio appena accennato, si elevava un massiccio torrione in pietra e tufo, chiamato con molta eleganza e sapore d’antica Roma, Torre Flavia. La Torre Flavia apparteneva alla famiglia Odescalchi, ma era abbandonata: serviva come momentaneo ricovero a qualche pastore. Serviva, soprattutto, alle imprese fantastiche di noi ragazzi, ai nostri sogni, alle nostre rievocazioni, alle nostre incruente battaglie di predominio e di conquista, fondate sul nulla. Le poche rocce sulle quali si elevava la Torre erano una selva di alghe, conchiglie, frutti di mare, ossi di seppia, pomici, mentre negli anfratti dove gorgogliavano le onde si potevano trovare pietre d’inusitata ricchezza coloristica e varietà. Per noi non erano pietre, ma miniere di preziosi e la fantasia correva lontano, lontano, fi no a confondere la realtà col sogno.
Torre Flavia segnava per noi ragazzi il confine di fantastica vivezza nella sua esteriore immobilità e misteriosa risonanza. Si apriva una piatta distesa che correva lungo il mare e si inoltrava nella terra fi no alle balze delle selvagge colline di Cerveteri: campi inframezzati da canneti, da specchi di acqua lacunare.

Il cielo si specchiava in quell’acqua paludosa ed erano giochi di colori strani e irrequieti. Questa era la pianura denominata Campo di Mare ed era animata dalla più varia fauna selvatica: su tutta la palude c’era un concerto incredibile nel quale ogni animale mandava il suo richiamo con suoni della più varia e colorita gamma…”.

Nel 1936 Renzo Rossellini scrisse il brano "Canto di Palude" ispirato proprio ai luoghi in cui trascorse gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza assieme al fratello: "Gli anni, le ore, i sogni di quell'infanzia, vissuti nell'incanto virgiliano della natura, mi fu più tardi assai dolce rivederli in una breve composizione intitolata Canto di Palude, fatta ascoltare la prima volta al pubblico dell'Augusteo a Roma nel 1938".


Joomla SEF URLs by Artio